Avvertenza: tutti gli itinerari sono stati percorsi personalmente, tuttavia, data la natura mutevole della montagna, le indicazioni devono essere considerate puramente indicative. Declino qualsiasi responsabilità riguardo eventuali malaugurati incidenti o inconvenienti che potrebbero accadere percorrendo gli itinerari descritti sul blog e sull'utilizzo delle tracce GPS che si possono scaricare liberamente. Ricordo inoltre che tutte le valutazioni circa le difficoltà delle escursioni riportate sono prettamente soggettive: durante le escursioni sta al buonsenso di ciascuno decidere come, quando e se proseguire o meno.

Mercoledì 25 Ottobre 2017

Di nuovo Borno: un altro tentativo (fallito) di aggirare il Pizzo Camino




L'autunno è una stagione meravigliosa per andare in montagna e quest'anno il mese di ottobre ci sta regalando delle giornate splendide e calde: la voglia di fare un'escursione è grande ma andare con una compagnia fidata è ancora meglio, così provo senza grandi speranze a chiedere all'amico Stefano se riesce a liberarsi...detto fatto e prima delle 9 del mattino siamo di nuovo in località Navertino, nei pressi dell'omonima trattoria, poco sopra a Borno.
Il parcheggio è stranamente affollato per essere un mercoledì ma tanto sappiamo che il giro che abbiamo in mente di fare non sarà particolarmente affollato.
Il tempo di sistemare l'attrezzatura e prendiamo di buona lena la mulattiera che inizia a salire, da subito bella "cattiva", ma come sempre gli scorci che si aprono davanti ai nostri occhi non fanno minimamente sentire la fatica.


Ignoriamo la deviazione che ci porterebbe sulle sponde del Lago di Lova e continuiamo a salire: lo scorso maggio Stefano ed io eravamo saliti da qui al rifugio Laeng con l'idea di aggirare il Pizzo Camino passando dai passi di Varicla, di Corna Busa e del Costone per poi arrivare al rifugio San Fermo e da li ridiscendere a Navertino ma avevamo dovuto rinunciare all'aggiramento per la troppa neve. Questa volta vorremmo completare il medesimo giro ma al contrario, quindi al bivio teniamo l'ampia mulattiera che si stacca verso sinistra e che tagliando in diagonale il fianco della montagna conduce al rifugio San Fermo.
Salendo in breve raggiungiamo la comitiva dei seniores del Cai di Bergamo che ha riempito il parcheggio di Navertino, li superiamo scambiando qualche battuta e proseguiamo verso il San Fermo: la vista sul sottostante Lago di Lova è una compagnia piacevolissima.

Alla nostra destra invece il massiccio imponente del Pizzo Camino e di Cima Moren fa bella mostra di sé.



Anche se l'autunno con i suoi colori non è ancora esploso completamente, vista anche la perdurante assenza di pioggia, il panorama è sempre assolutamente notevole.

In breve eccoci arrivati al rifugio San Fermo, dove si stanno compiendo lavori di ampliamento e l'assordante rumore di un generatore acceso ci fa rinunciare a mangiare il primo panino della giornata presso i suoi tavoloni; decidiamo cosi di fare il nostro spuntino un po' più avanti lungo il sentiero, ammirando le Corna di San Fermo.



Finito il panino iniziamo il nostro tentativo di aggiramento e prendiamo il sentiero che ci conduce verso il Passo del Costone: uno sguardo alle nostre spalle ci mostra il San Fermo e sullo sfondo le piste da sci di Borno.

Il sentiero procede con qualche leggero saliscendi tagliando a mezza costa la montagna: siamo a circa 1.900 metri di quota e la giornata è splendida, tanto che Stefano è in maglietta a maniche corte (io che sono un po' più anziano resto più coperto, non si sa mai...!).
Gli scorci paesaggistici sono sempre davvero molto appaganti.



Arrivati nei pressi del Costone un cartello del Cai di Borno ci mette in guardia: si sconsiglia il transito fino al Passo di Corna Busa per ripetute frane e smottamenti che hanno reso impraticabile il sentiero. 
Cosa fare ora? Riflettiamo un po', ma dato che il cartello non è datato e che non vieta il transito, ma lo sconsiglia solamente, decidiamo di proseguire e valutare di volta in volta.

Da subito ci accorgiamo che il sentiero è poco più di una semplice traccia e che bisogna proseguire un po' alla bene e meglio, ma la volontà non ci manca, così superiamo in scioltezza qualche passaggio delicato fino ad arrivare purtroppo ad un grosso smottamento in cui la montagna si è portata via tutto. 
Fin da subito capiamo che riuscire a passare non sarà facile, ma proviamo in tutti i modi a studiare un modo di farlo in sicurezza: il tratto "proibito" è di circa 3 metri, dopo il sentiero riprenderebbe tranquillo, ma purtroppo in quei 3 metri il margine di errore sarebbe assolutamente nullo, così visto lo stato del terreno e la mancanza di appigli anche per le mani siamo costretti nostro malgrado a rinunciare all'impresa e ritornare mestamente su nostri passi.
Guardando verso la montagna si notano parecchi canali di scarico provocati dagli smottamenti, ma il colpo d'occhio è comunque assolutamente notevole: siamo proprio sotto Le Pale.



Ritornati sui nostri passi, praticamente di nuovo quasi al rifugio San Fermo non ci resta che dirigerci verso l'altro splendido rifugio della zona, il Laeng, ripercorrendo al contrario il tragitto fatto a maggio con la neve.
Nonostante sia la terza volta che percorro questo sentiero il piacere è sempre il medesimo, sia guardando la montagna che guardando la vallata.








Una volta arrivati al Laeng, la vista sul sovrastante Pizzo Camino ed il vicino Monte Susino (o Sossino) è semplicemente maestosa.

Da qui, dopo aver mangiato il secondo panino della giornata sui tavoloni al sole del rifugio, velocemente prendiamo la strada del ritorno ed in meno di un'ora siamo di nuovo alla macchina, incontrando nuovamente il gruppo Cai della mattina proveniente dal Lago di Lova.
Risaliti in auto non può mancare una breve sosta per una birra rigenerante in un bar lungo la strada.
Qui di seguito il riassunto per immagini della giornata.


La nostra escursione, comprendendo il tentativo abortito di arrivare al Passo di Corna Busa, è stata di quasi 19 km che in generale si percorrono senza nessuna difficoltà. Sconsiglio vivamente invece di tentare di raggiungere il Passo di Corna Busa dal Passo del Costone: il sentiero è molto danneggiato ed il Cai di Borno farebbe meglio a vietarne del tutto l'accesso invece che di sconsigliarlo semplicemente.
Di seguito qualche dettaglio in più sul percorso seguito, la cui traccia gps può essere scaricata cliccando qui.






Mercoledì 11 Ottobre 2017

Pietra Parcellara dalla cresta sud e Pietra Perduca




Questo inizio di autunno sta regalando giornate splendide, ideali per un'escursione in montagna o, come in questo caso, almeno in collina.
La meta della giornata è l'Appennino Piacentino, la Val Trebbia e la famosa Pietra Parcellara, alla quale decido di aggiungere anche la vicina Pietra Perduca.
Risalita la Val Trebbia fino a Perino attraverso il fiume, oltrepasso il paesino di Donceto e parcheggio la macchina in quello che Google Maps chiama "Parcheggio Parcellara Sud" che in realtà non è altro che un piccolo slargo in cui possono trovare posto 3 o 4 auto, in prossimità di un tavolo da pic-nic.
Affronto di buona lena l'inizio di sterrata in leggera pendenza che mi mostra da subito la meta principale della giornata: il cono di roccia ofiolitica della Pietra Parcellara.


Proseguendo la sterrata si addentra in un bel bosco, diventando un vero sentiero molto ben segnato: al primo cartello che incontro mi viene indicato un tempo di percorrenza di un'ora per raggiungere la vetta della Pietra Parcellara; proseguo per il sentiero fino ad una piccola radura da cui si stacca il sentiero (segnalato per escursionisti esperti) che conduce in vetta passando per la cresta sud: lo imbocco fino a che non sbuco all'attacco della cresta.

Qui capisco perchè il sentiero venga segnalato come adatto ad escursionisti esperti: pur trattandosi di una montagna di soli 836 metri la salita da questo lato è tutta su roccia ed in parecchi punti vanno usate le mani per salire in sicurezza. Il percorso è abbondantemente segnato, non presenta vere difficoltà, ma va affrontato con la dovuta attenzione e calma perchè si tratta di una cresta molto aerea, dove il sentiero in molti tratti è piuttosto ripido ed in alcuni anche esposto; quindi diciamo che è meglio essere abbastanza abituati a certi tipi di percorsi in montagna per non avere problemi e, anzi, divertirsi a salire.



Mentre si sale vi sono splendidi affacci su tutta la Val Trebbia ed è ben visibile anche la seconda meta della giornata: la Pietra Perduca con la sua chiesetta.

Arrivare in vetta richiede una discreta fatica, ma come detto si rivela anche piuttosto divertente: finalmente scorgo la croce di vetta e la simpatica capretta che risiede abitualmente in cima e che scruta la parte finale della mia scalata con curiosità.


Dopo aver condiviso spontaneamente con la capra il mio panino (non ho avuto molta scelta, se non volevo che iniziasse a mangiarmi direttamente lo zaino...) inizio la discesa dall'altro lato, che si rivela molto più banale della cresta sud percorsa salendo, fino a che non mi trovo praticamente sopra il piccolo oratorio della Pietra Parcellara, con gli immancabili tavoli da pic-nic.


Poco distante dall'oratorio si stacca il comodo sentiero che conduce verso la Pietra Perduca, che si comincia a scorgere in lontananza ma mano che si procede in dolce discesa.


Il sentiero dapprima sbuca su strada asfaltata, per poi staccarsi di nuovo da essa, attraversando campi coltivati in cui i trattori sono all'opera, sino ad arrivare in progressiva discesa alla chiesetta di Sant'Anna, eretta nel X secolo ed abbarbicata sulla particolarissima roccia scura e compatta.

Anche da qui si gode di un'ottima vista su tutta la vallata, ma dopo aver constatato che le famose vasche d'acqua della Perduca, dette "letti dei santi", non ospitano al momento nemmeno un tritone decido di proseguire per chiudere il mio giro ad anello in questa giornata così speciale.
Il percorso ora è tutto in discesa e su strada asfaltata, che passa per piccole frazioni per lo più disabitate; volgendo però lo sguardo indietro verso la Pietra Perduca si può ammirare la sua particolarissima conformazione.


Il percorso da me seguito misura poco meno di 8,5 km e si può percorrere in circa 3 ore; come detto la salita dalla cresta sud della Parcellara può essere problematica per chi soffre di vertigini e non è particolarmente abituato ad aiutarsi con le mani nella progressione. Va comunque detto che nel punto in cui si stacca il sentiero che conduce alla cresta sud si può proseguire su comodo sentiero che con un giro più ampio conduce all'oratorio della Parcellara, da cui si può salire comodamente in vetta con un sentiero percorribile da chiunque in circa 15 minuti di cammino.
La traccia gps può essere scaricata da qui.






Lunedì 14 Agosto 2017

La Serra di Celano da Ovindoli





Ultimi giorni di vacanza, mi preparo al rientro a casa ma ho ancora voglia di fare un giretto, magari non troppo lungo e impegnativo, qualcosa per impiegare magari solo la mattinata ed essere a casa per pranzo, ma comunque che dia qualche soddisfazione; decido quindi di seguire il consiglio dell'amico Alessandro (alexmoscow73) e di salire sulla Serra di Celano e la sua elevazione più alta, il monte Tino (1.921 metri).
Di buon mattino lascio la macchina ad Ovindoli e prendo la sterrata che mi conduce al rifugio "La Serra", dove sarebbe anche possibile arrivare in auto; da qui il sentiero non è particolarmente segnato, anzi non lo è quasi per niente, ma la meta è ben visibile davanti a me ed il percorso da seguire assolutamente intuitivo e libero.


Avvicinandosi diventa ben presto visibile anche la grande croce di vetta.

Ben presto, dopo qualche dolce saliscendi si arriva alla selletta da cui si attacca la salita finale alla vetta della Serra e da cui si può godere una bella vista sul gruppo del Cafornia.

Salendo verso la vetta si inizia a scorgere l'altro versante, quello che da su Celano e la grande piana del Fucino con le sue geometrie.


Arrivare in vetta è una piacevole salita, per nulla impegnativa, con splendidi affacci su tutti i versanti e la cima è molto spaziosa, oltre che panoramica; una foto con l'autoscatto vicino alla grande croce non può mancare.


La giornata è davvero limpidissima e si può ben ammirare il gruppo del Gran Sasso: sinceramente ho dovuto chiedere agli amici Francesco e Leo, ultimi compagni di splendide avventure abruzzesi, la conferma che si trattasse davvero del Gran Sasso, dato che mi sembrava fin troppo vicino per essere vero.



Mentre sono in vetta ad ammirare il paesaggio ed a gustarmi un buon panino portato da casa, mi raggiunge un altro escursionista solitario: fare due chiacchiere è inevitabile e scopro subito essere anche molto piacevole; si tratta di un signore romano con base abruzzese ad Ovindoli. 
Insieme decidiamo di provare a scendere dalla parte opposta della cresta rispetto a dove siamo saliti: ben presto la cosa si rivela improponibile (almeno in discesa), ma il tentativo ci permette di avere una vista quasi verticale sul sottostante castello di Celano.

Tornati sui nostri passi riprendiamo la strada da cui siamo saliti, continuando a chiacchierare in modo davvero piacevole ed in breve, dopo aver incontrato numerosi "merenderos" diretti alla vetta del Monte Tino, ci ritroviamo di nuovo al rifugio "La Serra", dove il mio compagno aveva parcheggiato la macchina; ci fermiamo quindi per un caffè al rifugio mentre invitanti profumi nostrani escono dalla cucina. 
Infine il mio compagno di giornata insiste per darmi un passaggio fino alla macchina, che accetto volentieri, non tanto per la stanchezza, in verità quasi nulla, quanto per la scarsa attrattiva del sentiero che dal rifugio mi riporterebbe a piedi all'auto.

Il percorso da me seguito, il cui tracciato gps si può scaricare cliccando qui, se interamente percorso a piedi (non come me che ho sfruttato un passaggio fuori programma) è lungo poco più di 12 km e non presenta assolutamente nessuna difficoltà; ricordo che per abbreviarlo si può tranquillamente arrivare in macchina al rifugio "La Serra" dove c'è modo di parcheggiare comodamente.




Venerdì 11 Agosto 2017

Cima della Laghetta e Monte Gorzano: magica Laga...!!!


Dopo la splendida avventura sul Monte Corvo con Francesco, Leo e Linda c’era la voglia di un’altra uscita insieme: purtroppo però Francesco aveva impegni familiari e lavorativi inderogabili, quindi stavo pensando di organizzare qualcosa per conto mio, un po’ scoraggiato però dal gran caldo anomalo di questi primi 10 giorni di agosto, quando Leo a sorpresa mi chiede se mi va di salire sulla Laga: meta Fonte Pane e Cacio con un sibillino “poi quando siamo li vediamo…”
Unica condizione: ritrovo all’una di notte in modo che Linda possa non patire il caldo assurdo patito sul Corvo e si possa vedere l’alba dall’alto. 
Detto fatto e all’una meno 10 sono sul posto dell'appuntamento al bivio per Campotosto sulla statale L’Aquila - Teramo: Leo arriva spaccando il minuto, lascio l’auto e con il suo Doblò raggiungiamo Campotosto parcheggiando all’inizio del sentiero n. 300, poco sopra il cimitero.
Il tempo di prepararci al volo ed accendere le frontali e all’1.40 ci incamminiamo: la nottata è calda e umida, almeno qui vicino al lago, tanto che iniziamo la salita semplicemente in maglietta.
Personalmente non sono ancora molto abituato alle uscite notturne (questa è solo la mia seconda volta dopo la salita al Cafornia di una settimana fà), quindi non rinuncio alla frontale nonostante i bonari rimbrotti di Leo, a cui basta la luce della luna - anche se spesso oscurata dalle nuvole portate dal vento - e la guida di Linda.
In questo primo tratto Leo mi fa davvero da cicerone, indicandomi le varie montagne di cui al momento si scorgono solo le forme scure e raccontandomi di tutte le volte che è venuto da queste parti in montagna o anche solo a funghi o fare una scampagnata: da ogni sua parola traspare l’amore incondizionato per queste montagne. 
Fra l’altro nella precedente escursione insieme, in cui avevo parlato soprattutto con Francesco, mi ero fatto l’idea che Leo fosse un po’ taciturno, invece mi ha fatto piacere scoprire che non è affatto così.
Salendo per il sentiero Leo è piacevolmente stupito che sia stato recentemente segnato con abbondanti e precisi bolli bianco/rossi; arriviamo poi a quello che lui chiama il “sottopassaggio”, un tratto in cui il sentiero attraversa una spettacolare faggeta al di là della quale mi avverte che ci troveremo in un’altra dimensione: il buio mi impedisce di percepire appieno la nuova dimensione, ma me ne accorgerò meglio al ritorno.
Ogni tanto ci fermiamo ad osservare la luna e le nuvole che le passano velocissime davanti, chiedendoci quali condizioni meteo troveremo salendo, ma in questo momento la magia della notte e della montagna ci chiamano prepotentemente e non ce ne preoccupiamo.
Il rumore dell’acqua ci fa intuire che siamo in prossimità di alcuni dei tanti rigagnoli d’acqua che tagliano il versante della montagna, in prossimità dei quali troviamo parecchi rospi sul sentiero, anche di dimensioni notevoli.


Abbastanza velocemente arriviamo poi a Fonte Pane e Cacio, per la verità piuttosto secca, e da qui dopo un breve silenzioso consulto decidiamo di proseguire verso Cima della Laghetta, che Leo mi dice di non aver mai salito: inizia così uno splendido sentiero di cresta che ci fa guadagnare quota dolcemente ma inesorabilmente; il buio la fa ancora da padrone.


Il vento si fa sempre più forte, in alcuni tratti ci sposta quasi (confortante in questo caso essere sopra gli 80 kg...), comincia a rischiarare un po’ e sopra le nostre teste le nuvole corrono velocissime; la miglior visibilità a questo punto mi permette di godere al meglio dell’escursione e del panorama che via via inizia a rivelarsi, il che mi permette di non avvertire minimamente la fatica: da qui in poi per me inizia una nuova escursione, un'esperienza totalizzante, quasi mistica.
La cresta che stiamo percorrendo presenta una serie infinita di saliscendi, di vere e proprie montagne nella montagna, tanto che ogni volta ci chiediamo se la prossima sarà la famosa Cima della Laghetta ed ogni volta dobbiamo sperare nella successiva; il sentiero però è davvero piacevole e divertente quindi proseguiamo imperterriti nonostante il vento davvero potente che ci sferza ad ogni passo.

Finalmente arriviamo alla Laghetta: piccola sosta per ripararci alla meglio dal vento e mangiare qualcosa, non ha ancora albeggiato, ci guardiamo negli occhi un istante e all'unisono pensiamo che visto che siamo qui possiamo anche arrivare fino al Gorzano, che mastodontico ci aspetta “poco oltre”.



Più sotto la Valle delle Cento Fonti e il paese di Cesacastina sono ancora avvolte dalla notte.




L’alba ci coglie a metà strada fra la Laghetta ed il Gorzano: incuranti del vento che davvero  sembra volerci ricacciare indietro ci lasciamo ammaliare dalla luce, dai colori, dalle nuvole che corrono impazzite in un’atmosfera davvero impossibile da descrivere a parole.

Ci possiamo solamente fermare ad ammirare in silenzio: magia pura!

Per arrivare al Gorzano però ci sono ancora un bel po’ di saliscendi da affrontare, ma nessuno di noi due (Linda men che meno) sente al momento la fatica: il Re della Laga ci chiama e noi non vogliamo assolutamente deluderlo, così proseguiamo la nostra marcia.


Alla nostra destra, con le cime più alte avvolte dalle nuvole, si scorge imponente la catena del Gran Sasso.

Mentre invece guardandoci alle spalle veniamo letteralmente ammaliati dalla luce radente del giorno che è appena nato e che illumina d’oro la cresta appena percorsa, con la Cima della Laghetta in splendida evidenza.




Con questo spettacolo negli occhi attacchiamo rinfrancati il tratto finale di salita che ci porta in vetta al Monte Gorzano: il vento è fortissimo, le nuvole che arrivano velocissime si infrangono sulla cresta impennandosi verso l’alto in uno spettacolo che non mi era mai capitato di vedere; sopra di noi uno strato di nubi grigie e compatte, solo all’apparenza minacciose.

Il tutto concorre a creare una situazione di luci ed ombre davvero particolare, che unite ad un panorama a dir poco mozzafiato, da quasi la sensazione di trovarsi ad assistere alla creazione dell’universo.





Siccome devo giustificare il fatto di essermi portato fin qua il cavalletto ne approfitto per un autoscatto in vetta (Linda è sicuramente quella venuta meglio...), non prima di aver ancorato il tutto con lo zaino per evitare spiacevoli sorprese.



Siamo davvero felici ed entusiasti di essere arrivati fino qui, essendo partiti senza un programma preciso, solo spinti dalla voglia di camminare in montagna; quando poi Leo, visibilmente soddisfatto della vetta raggiunta, mi dice che da solo o con un compagno titubante, visto il vento cattivo, non sarebbe mai arrivato fino alla vetta ma sarebbe ritornato sui suoi passi non posso che sentirmi inorgoglito…grazie Leo!!!

Non è il caso di fermarsi troppo in vetta, nonostante il panorama sia francamente maestoso a 360 gradi, così iniziamo la discesa intorno alle 7 di mattina: la luce sulla Valle delle Cento Fonti è davvero magica.

Finalmente scendendo con la luce possiamo ammirare anche il versante che volge verso il lago di Campotosto, dove il vento ha spazzato le nuvole più scure e grigie.

Ripercorrere la cresta fatta in precedenza con la semi oscurità è davvero una goduria, nonostante la sua notevole lunghezza: ad ogni passo varrebbe la pena di fermarsi per scattare fotografie.



La discesa ci porta velocemente verso il bosco del famoso “sottopassaggio”: prima di affrontarlo c’è giusto il tempo di fermarci un po’ a gustare il the che Leo prepara ad ogni escursione e poi ci avviamo all’ultimo tratto di discesa, che ci riporterà alla macchina. 
Sulla strada abbiamo la fortuna di incontrare uno splendido esempio di Abruzzese "con la buccia", ma servirebbe Leo per descrivere il personaggio.

Tornati alla macchina decidiamo di fare un salto in paese a Campotosto a bere una meritata birra e per renderci conto delle condizioni del paese ad un anno dal terremoto: purtroppo quello che vediamo lascia davvero tramortiti, ma la gente del posto è davvero tosta e cerca di andare avanti come prima, nonostante tutto.




Qui di seguito un breve filmato girato senza pretese con l'iPhone, ma che forse riesce a far percepire la magia di questa escursione e della Lega in generale.


Ciliegina finale di un’escursione indimenticabile un pranzetto niente male in una trattoria sulla statale di cui Leo è affezionato cliente, in cui ci siamo concessi un bel piatto di tagliolini alla boscaiola e coniglio con misto funghi.

Il percorso che abbiamo seguito si snoda per poco più di 20 km ed ha un dislivello cumulato (compreso quindi i vari saliscendi) di oltre 1.500 metri, quindi nonostante la bellezza e maestosità del paesaggio non faccia avvertire troppo la salita, si presta solo ad escursionisti ben allenati; non presenta comunque alcuna difficoltà di sorta.
La traccia gps può essere scaricata cliccando qui.




Lunedì 3 giugno 2019 Cascata di Prà Lavino da Passo Tremalzo E' passato un sacco di tempo dall'ultima escursione, davvero troppo, ed...