Avvertenza: tutti gli itinerari sono stati percorsi personalmente, tuttavia, data la natura mutevole della montagna, le indicazioni devono essere considerate puramente indicative. Declino qualsiasi responsabilità riguardo eventuali malaugurati incidenti o inconvenienti che potrebbero accadere percorrendo gli itinerari descritti sul blog e sull'utilizzo delle tracce GPS che si possono scaricare liberamente. Ricordo inoltre che tutte le valutazioni circa le difficoltà delle escursioni riportate sono prettamente soggettive: durante le escursioni sta al buonsenso di ciascuno decidere come, quando e se proseguire o meno.


Lunedì 8 e Martedì 9 Agosto 2016

Due giorni a spasso sui Monti della Duchessa ed il Parco del Velino



Dopo essere ritornato in possesso dell’uso delle gambe in seguito all’escursione fatta con i “due mostri” Alessandro e Francesco sul Cimone di Santa Colomba la settimana scorsa è giunta l’ora di affrontare un’escursione in solitaria sognata e progettata da almeno un anno: due giorni in giro nello splendido anfiteatro dominato dal Monte Velino pernottando al rifugio Vincenzo Sebastiani. 
Il programma del primo giorno prevede di partire da Santa Maria in Valle, sopra Rosciolo, seguire la sterrata che conduce al Passo Le Forche, riscendere fino a Bocca di Teve per percorrere tutta la Valle di Teve, svalicare al Lago della Duchessa risalendo il Malopasso per poi percorrere tutto il Costone e ridiscendere infine al Rifugio Sebastiani dove fermarsi a pernottare. A dire la verità il progetto iniziale - forse troppo ambizioso - prevedeva anche di salire a Cima Zis in modo da avere una visuale diversa del Lago della Duchessa, ma la paura che le gambe potessero non essere del tutto d’accordo ed un po’ di tempo perso a Passo Le Forche prima (animale grande e nero dotato di corna proprio in mezzo alla sterrata - con me vestito con maglietta e zaino rossi - che mi ha costretto ad una deviazione per aggirarlo) e a Capo Teve poi (due diversi greggi di pecore che mi hanno fatto da tappo nella risalita del Malopasso) mi hanno convinto a togliere questa meta intermedia dal programma.
La Valle di Teve è lunghissima e piuttosto monotona, ma per lo meno ha il pregio di non essere spaccagambe.





Arrivato a Capo Teve, approfittando del riposo forzato dovuto al passaggio delle pecore (mai avrei immaginato di finire in coda in un posto come questo) ho potuto scambiare piacevolmente due chiacchiere con un pastore di Rosciolo salito fin lì con il fuoristrada.





La salita del Malopasso non è affatto problematica come in un primo tempo potrebbe sembrare e permette di avere belle vedute sulla Cimata di Macchia Triste guardando avanti, sulla lunga e boscosa Valle di Teve a sinistra e sul Monte Velino guardandosi alle spalle.



Supero il primo gregge di pecore ed in seguito approfitto della deviazione del secondo per riprendere il cammino in solitaria. 



In breve raggiungo facilmente l’avvallamento che conduce allo splendido Lago della Duchessa, con parecchi animali - per lo più cavalli - al pascolo tutto intorno o ad abbeverarsi nelle sue acque; purtroppo il cielo è fin troppo terso per le fotografie, anche se ovviamente ne scatto a profusione.



Il tempo di mangiare il primo panino della giornata (sono circa le 11 ma la fame si fa già sentire) ed è già tempo di dirigersi verso il Costone, raggiungendo in un facile fuori sentiero la Selletta di Solagne: anche da qui le foto al Lago della Duchessa ed al Velino si sprecano
.






Passato accanto ad una cavalla con il suo puledro, arrivo poi al Costone pensando potesse avere qualche difficoltà, ma mi devo ricredere: il sentiero, per quanto non segnatissimo (del resto basta tenersi vicino alla cresta), è piuttosto agevole e permette di lasciare andare lo sguardo tutto intorno, al Passo del Puzzillo, al Rifugio Sebastiani (mia destinazione giornaliera), alla vetta del Costone stesso, al Velino, alla Valle di Teve e - guardando alle proprie spalle - alla Duchessa, incastonata fra Murolungo e Cima Zis.



Il Costone visto dalla Selletta di Solagne
L'attacco del Costone
La piramide grigia della vetta del Monte Velino vista salendo dal Costone



La meta finale della mia giornata: il Rifugio Sebastiani: ci arriverò dall'altro versante


Il cielo comincia a rannuvolarsi parecchio, così per evitare brutte sorprese, dopo aver ammirato la vetta del Costone, accelero un po’ il passo, percorro tutta la cresta di questa particolare montagna, fermandomi ad ammirare da quassù tutta la lunga e stretta Valle di Teve risalita in mattinata, e scendo verso il rifugio ammirando la parete verticale del Costone che precipita nella Fossa del Puzzillo.

La vetta più alta del Costone



La Valle di Teve vista dal Costone
La parete verticale del Costone a strapiombo sulla Fossa del Puzzillo
Scendendo dal Costone verso il Rifugio Sebastiani mi fermo spesso ad ammirare e fotografare i Piani di Pezza, con la lunga strada bianca che li attraversa, e la conca il cui è stato costruito il rifugio, a Colletto di Pezza, mentre le nuvole creano continui giochi di luci ed ombre.








Arrivo al Sebastiani poco prima delle 15 accolto da un paio di gocce di pioggia che subito se ne vanno: il secondo panino ed una bella birra presa al rifugio sono un bel modo per rifocillarsi ed ho poi tutto il tempo di sistemare le mie cose e fare la conoscenza di Eleonora, la responsabile del rifugio (due occhi celesti spettacolari!) e della sua aiutante; a sorpresa scopro di essere l’unico ospite per la notte e così mi posso godere in tranquillità l’ottima cena che mi viene servita (pasta con il ragù di pecora e costine).
Dopo una partitina a carte ed aver constatato che il cielo è completamente nuvoloso (quindi nessuna possibilità di fare foto alle stelle come speravo), alle 22 si va in branda: sono abbastanza stanco ma molto soddisfatto della giornata.
Il mattino seguente punto la sveglia alle 5.20 per fotografare l’alba con la suggestiva nebbia sopra ai Piani di Pezza e dopo una bella colazione all’aperto al tepore del primo sole, sono pronto a ripartire: il programma prevede di arrivare a Colle dell’Orso per poi percorre il sentiero numero 1 che porta fino al Velino, anche se per quest’anno la mia meta sarà il Cafornia (al Velino per questa strada ci sono arrivato l’anno scorso, quando avevo rinunciato a raggiungere la vetta del Cafornia, quest’anno voglio quindi riequilibrare le cose).





E’ la prima volta che affronto per due giorni di fila parecchi chilometri, inoltre la faticaccia sul Gran Sasso di una settimana fa un po’ si fa ancora sentire, quindi non so come reagiranno le mie gambe.
Il sole oggi picchia davvero tanto, però la bellezza del panorama è tale che non si ha il tempo di pensare alla fatica.








La vetta del Velino mentre mi avvicino alla selletta del Cafornia
Un altro escursionista mi sta raggiungendo, ma io non ho certo fretta




Passo dopo passo mi ritrovo praticamente in vetta al monte Cafornia: la vetta è tutta per me mentre sul monte Velino, a poche centinaia di metri in linea d’aria, c’è quasi il tutto esaurito (come posso vedere ad occhio nudo), quindi mi godo la solitudine facendo qualche foto con la croce di vetta e la Madonnina ed infine gustandomi un bel panino.





Per la discesa verso Massa d’Albe avevo due opzioni: il tranquillo sentiero n. 7 o il più diretto sentiero 7a, che si incontrano poi più a valle; viste le mie scarse attitudini in discesa però decido di affrontare la strada più lunga ma meno ripida del sentiero n. 7 che gira tutto attorno per ampi pratoni.








All'incrocio del sentiero 7a, la direttissima del Cafornia, con il 7 che sto percorrendo io una coppia di splendidi cavalli con il loro puledrino mi stanno aspettando: il sentiero gli passa a non più di 3 metri e confesso che ho avuto un po' di timore si potessero spaventare per il mio passaggio, ma evidentemente sono abituati ad escursionisti di passaggio e non fanno una piega nel vedermi.



La discesa dal Cafornia è davvero molto lunga, ma quando si comincia a scorgere Fonte Canale sempre più vicina, anche il problema di aver esaurito l’acqua (la giornata è davvero torrida!) pesa di meno; quasi arrivato alla fonte, memore del brutto incidente con le mucche di tre anni fa, decido di uscire dal sentiero, non passare da Fonte Canale e raggiungere la sterrata che scende a Corona, frazione di Massa, tagliando per i pratoni.
Ormai il parcheggio di Corona è un piccolo miraggio e l’auto di mio suocero che mi attende con una bella bottiglia d’acqua fresca è davvero un’oasi nel deserto.


La due giorni in solitaria a spasso per le montagne del Velino è conclusa: è stata una piccola sfida con me stesso che posso dire di aver superato con enorme soddisfazione personale; ora non mi resta che iniziare a studiare le prossime uscite da affrontare l’anno prossimo quando tornerò in questa zona così ricca di montagne e vallate meravigliose.

Questa escursione è lunga circa 30 km: spezzandola in due giornate non è affatto faticosa, ma anzi molto molto gratificante a livello di bellezza della natura; io potendo contare sull'appoggio di mio suocero che mi ha portato in punto (Santa Maria in Valle, sopra Rosciolo) e venuto a prendere in un altro (Massa d'Albe) ho scelto la discesa dal Cafornia, mai fatta in precedenza. In alternativa, per fare un giro ad anello completo, dal Cafornia si può proseguire in direzione del Velino, scendere alla Capanna di Sevice e poi da qui scendere per la via normale del Velino, ovvero il sentiero n. 3: in questo modo la si allunga di qualche km (non eccessivamente) ma si può tornare al punto di partenza.
L'escursione non presenta nessun tipo di difficoltà, svolgendosi su sentieri ben segnalati e tenuti; il tracciato gps può essere scaricato da qui.





Martedì 2 Agosto 2016

Wild sul Cimone di Santa Colomba



Pregustavo ormai da tanto, praticamente un anno, il ritorno in Abruzzo per le vacanze estive e come ogni volta mi ero lanciato in progetti di escursioni varie, studiate al computer su Google Earth o cercando tracce in rete. 
Quest’anno poi grazie alla disponibilità di Alessandro (il grandissimo Alexmoscow73 del forum di Avventurosamente, vero intenditore della montagna e dell’Appennino, oltre che una grande persona e un tifosissimo della Cremonese), sapevo di aver la possibilità di fare un’uscita con lui. Inizialmente avevamo pensato ad un'escursione notturna, ma poi un paio di giorni prima della data concordata, Alessandro mi dice “ci stai a cambiare programma e fare un’escursione diurna? ci sono le condizioni ideali per una cima che inseguo da anni: il Cimone di Santa Colomba”.
Inizialmente resto un po’ spiazzato, perchè l’idea della notturna mi affascinava ed anche perchè la vetta proposta da Alessandro è per me totalmente sconosciuta, ma poi pensando al tipo di escursioni che fa lui solitamente mi dico “cavolo, se è una cima che Alex insegue da anni vorrà pur dire qualcosa!”, così accetto di buon grado il cambio di programma.
Alle 3.30 Alessandro si fa trovare al casello di Magliano e alle 4.10 siamo a L’Aquila per incontrarci con Francesco, suo compagno abituale di uscite, altro grande amante della Montagna, con la M maiuscola; intorno alle 5 siamo a Pian del Fiume, a 830 metri, punto di partenza della nostra escursione per raggiungere la vetta del Cimone di Santa Colomba, cima sconosciuta al grande pubblico sul versante teramano del Gran Sasso e penalizzata dal fatto che i suoi 1.912 metri non le permettono di far parte del famoso “Club 2.000” molto in voga in questa zona.
Siamo decisamente in anticipo rispetto all’idea di Alessandro, che ipotizzava di iniziare la salita intorno alle 6; tanto in anticipo da sbagliare strada a causa del buio ed inerpicarci sul sentiero che costeggia sulla destra il Fosso del Malepasso; fortunatamente l’errore non è troppo dispendioso a livello fisico e ci permette di scoprire scorci che definire selvaggi è dire poco, come l’orrido della cascata Vaceliera, oltre che di ammirare l'alba.




Ripreso il cammino corretto e guadato un torrentello di acqua limpidissima ci infiliamo nel bosco lungo un sentiero (numero 17) che porta alla Chiesa di Santa Colomba a quota 1.230 metri: la chiesetta è piuttosto deludente, tutta di cemento e molto scarna, ma del resto non è la meta della nostra escursione che invece da qui cominciamo a scorgere dritta sopra di noi, su ripidissimi pendii, e subito una certezza si palesa: arrivare lassù non sarà di sicuro una passeggiata!
Dopo la chiesa il sentiero viene ben presto abbandonato, con Francesco che fa l’andatura ad ampie falcate e ci guida inerpicandoci nel bosco: la pendenza inizia a farsi sentire ma non è assolutamente nulla rispetto a quello che ci aspetta una volta usciti dal bosco.
Qui infatti ci ritroviamo su prati con pendenza di 40/45°, con erba molto alta e soprattutto bagnatissima, tanto che in molti punti per sentirci sicuri siamo costretti ad aiutarci afferrando l’erba davanti a noi in modo da spostare il baricentro tutto in avanti e non scivolare; ben presto ci rendiamo conto che sarà impossibile ridiscendere dallo stesso percorso: troppo alto il rischio di scivolare senza possibilità di fermarsi, ma a questo penseremo più avanti.









Si sale sempre più, dritto per dritto in una "pettata davvero ignorante" (per citare i termini più usati nell'escursione) fra i valloni di Fossaceca e Malepasso: man mano che si procede si cominciano ad intravedere i monti circostanti in tutta la loro imponenza e selvaggia bellezza.






Si ha veramente la sensazione di essere in un ambiente quasi primordiale, dove la natura è la padrona incontrastata e noi siamo solo dei puntini minuscoli.









Proseguendo, viste le condizioni davvero bagnatissime dell'erba, molto alta come visto (una scivolata potrebbe qui avere conseguenze davvero poco simpatiche...) decidiamo di spostarci lungo una crestina aerea con roccette che si affaccia a sinistra sulla selvaggia forra del Vallone di Fossaceca: qui il margine d’errore è assolutamente pari a zero, ma anche in questo caso è meglio non pensarci, restare concentrati e guardare bene dove si mettono i piedi), affrontando passaggi di I e II grado (a detta di Alessando, di cui mi fido ciecamente: io di questa terminologia non capisco assolutamente niente!) che hanno impietosamente dimostrato quanto io sia impedito per certe cose!







Non smetterò mai di ringraziare i miei compagni di avventura per avermi aspettato, aiutato ed in un certo senso proprio trasportato attraverso questi passaggi assolutamente non banali.
Ripresa la strada più comoda - eufemismo - dei pratoni d’erba fradicia possiamo girarci a vedere la cresta appena percorsa quando poi siamo ormai in prossimità della meta della nostra escursione che riusciamo a raggiungere con un ultimo sforzo sotto gli occhi di alcuni camosci (bellissima una femmina con il piccolino) che ci osservano curiosi a distanza di sicurezza.





La vetta del Cimone di Santa Colomba non è in alcun modo segnata, niente croci di vetta o cippi (del resto se mai ci fosse un libro di vetta penso che potrebbe durare almeno 5 anni, se non di più, prima di essere riempito di firme e dediche), ma la sensazione che si prova stando qui è quella di essere sul piedistallo di un direttore d’orchestra al cospetto di una schiera di musicisti davvero d’eccezione: da sinistra a destra si ammira la maestosità dei Monti Prena ed Infornace, delle Torri di Casanova e della Cima del Vado di Piaverano, poi del Monte Brancastrello, della Cima delle Fienare.


Sullo sfondo all’estrema destra fanno capolino le vette del Corno Grande mentre alle nostre spalle si vede chiaramente il mare Adriatico.




L’ambiente è quanto di più wild (termine usatissimo durante l’escursione) un abitante della Pianura Padana come me possa immaginare, ma dalle parole estasiate e dall’entusiasmo di Alessandro e Francesco capisco che anche loro sono rimasti folgorati dalla bellezza selvaggia di questo versante Teramano del Gran Sasso: ci troviamo davvero in un luogo non banale, dove la Natura regna incontrastata e noi tre siamo solo puntini variopinti in devota ammirazione.
Ovviamente i tre puntini devono immortalare degnamente la vetta raggiunta con tanta fatica, dando il massimo del risalto allo spettacolo che ci circonda (da sinistra Francesco, Alessandro ed io).





La salita è stata davvero tosta - ignorante, appunto, come dicevo prima - sia per la via di accesso scelta (dritto per dritto) la pendenza ed il dislivello in sé (1.100 metri in un tragitto di circa 4 km) e sia per le condizioni in loco: tutto o quasi fuori sentiero con erba altissima e veramente bagnatissima; ma del resto la fatica ed il sudore sono stati ampiamente ripagati dallo spettacolo di cui abbiamo goduto in via esclusiva sentendoci dei veri privilegiati.
Mentre salivamo ed una volta in vetta, però, dentro di me pensavo “ma poi da dove cavolo scendiamo?”: era chiaro infatti che la strada seguita per la salita sarebbe stata davvero troppo pericolosa per la discesa; il rischio di scivolare sull'erba era molto alto ed in tal caso le possibilità di fermarsi quasi nulle, con la conseguenza di farsi 400/500 metri di scivolata continuata...assolutamente impossibile! Avevo quindi la certezza che la discesa sarebbe stata molto più problematica della faticosa salita, ma mai avrei immaginato che per me si rivelasse quasi un vero e proprio incubo!
Dopo un consulto generale abbiamo deciso prima di tagliare verso il bosco, nella speranza di poterci aiutare con gli appigli forniti dalle piante, ma la pendenza ed il terreno marcio, martoriato da una serie infinita di smottamenti, ci hanno rallentato non poco (a dire il vero hanno rallentato più che altro me… ) facendoci scivolare a gambe all’aria più volte: tutti abbiamo appoggiato il sedere più o meno violentemente sul terreno, ma la classifica di giornata è stata nettamente dominata dal sottoscritto che ha letteralmente fatto sfigurare i compagni di avventura in termini di cadute e scivoloni. 



Abbiamo poi riprovato ad uscire dal bosco ma siamo poi stati costretti a ritornarvi fino ad uscirne definitivamente affrontando un traverso ripidissimo in erba altissima e fradicia (che novità, eh?!?) che ci ha messo davvero a dura prova (me in particolare - che ve lo dico a fare? - sdraiato completamente a terra e aggrappato disperatamente all’erba per non scivolare a valle): qui come in tutta l’escursione si è distinto Francesco, un vero carrarmato 4x4…impressionante!  
Dopo quest’ultima fatica ci siamo ricongiunti con il punto in cui eravamo usciti dal bosco in salita, a monte della chiesa di Santa Colomba: ormai il grosso era fatto, solo ancora una decina di scivoloni per me ed infine siamo giunti alla chiesetta; da qui in poi si torna su sentiero tracciato, l’adrenalina scema ed esce prepotente tutta la stanchezza accumulata durante l’escursione, tanto che l’arrivo alla macchina sembra davvero una liberazione.

Mi piace in questo caso spendere due parole sui miei compagni di avventura, Alessandro e Francesco: instancabili, entusiasti, pazienti, persone eccezionali, persone vere!
Ragazzi, è stato davvero un onore accompagnarvi su questa vetta, per me sconosciuta ma per voi tanto desiderata e sentita; non ci eravamo mai visti prima di persona ma ho subito percepito un legame silenzioso fra noi e non credo di essermi mai trovato così bene ed in sintonia con degli sconosciuti prima di oggi.
Unica nota stonata della giornata, purtroppo tocca sottolinearlo, è stata l’impossibilità di divorare un panino con la porchetta che avevamo già iniziato a pregustare salendo…incredibilmente tutti i porchettari in prossimità del santuario di San Gabriele erano inesorabilmente chiusi intorno alle 15: una cosa inconcepibile e che dovrebbe essere espressamente vietata per legge!  

L'itinerario da noi percorso, comprensivo dell'errore fatto in partenza, è di 10 km scarsi e noi abbiamo impiegato circa 7 ore per completarlo.
Questa, a differenza delle altre postate su questo blog, è un’escursione sul serio tostissima, assolutamente non per tutti (io stesso senza i miei preziosi compagni non avrei mai potuto affrontarla), molto faticosa per dislivello, pendenza, condizioni del terreno e con tratti che davvero possono mettere in seria difficoltà l’escursionista occasionale ed inesperto; il premio di tutto ciò però è un panorama prepotentemente maestoso, selvaggio, mozzafiato, mai banale su un versante tanto affascinante quanto poco conosciuto del Gran Sasso.
Il tracciato gps può essere scaricato da qui.


















Lunedì 3 giugno 2019 Cascata di Prà Lavino da Passo Tremalzo E' passato un sacco di tempo dall'ultima escursione, davvero troppo, ed...