Avvertenza: tutti gli itinerari sono stati percorsi personalmente, tuttavia, data la natura mutevole della montagna, le indicazioni devono essere considerate puramente indicative. Declino qualsiasi responsabilità riguardo eventuali malaugurati incidenti o inconvenienti che potrebbero accadere percorrendo gli itinerari descritti sul blog e sull'utilizzo delle tracce GPS che si possono scaricare liberamente. Ricordo inoltre che tutte le valutazioni circa le difficoltà delle escursioni riportate sono prettamente soggettive: durante le escursioni sta al buonsenso di ciascuno decidere come, quando e se proseguire o meno.

Lunedì 14 Agosto 2017

La Serra di Celano da Ovindoli





Ultimi giorni di vacanza, mi preparo al rientro a casa ma ho ancora voglia di fare un giretto, magari non troppo lungo e impegnativo, qualcosa per impiegare magari solo la mattinata ed essere a casa per pranzo, ma comunque che dia qualche soddisfazione; decido quindi di seguire il consiglio dell'amico Alessandro (alexmoscow73) e di salire sulla Serra di Celano e la sua elevazione più alta, il monte Tino (1.921 metri).
Di buon mattino lascio la macchina ad Ovindoli e prendo la sterrata che mi conduce al rifugio "La Serra", dove sarebbe anche possibile arrivare in auto; da qui il sentiero non è particolarmente segnato, anzi non lo è quasi per niente, ma la meta è ben visibile davanti a me ed il percorso da seguire assolutamente intuitivo e libero.


Avvicinandosi diventa ben presto visibile anche la grande croce di vetta.

Ben presto, dopo qualche dolce saliscendi si arriva alla selletta da cui si attacca la salita finale alla vetta della Serra e da cui si può godere una bella vista sul gruppo del Cafornia.

Salendo verso la vetta si inizia a scorgere l'altro versante, quello che da su Celano e la grande piana del Fucino con le sue geometrie.


Arrivare in vetta è una piacevole salita, per nulla impegnativa, con splendidi affacci su tutti i versanti e la cima è molto spaziosa, oltre che panoramica; una foto con l'autoscatto vicino alla grande croce non può mancare.


La giornata è davvero limpidissima e si può ben ammirare il gruppo del Gran Sasso: sinceramente ho dovuto chiedere agli amici Francesco e Leo, ultimi compagni di splendide avventure abruzzesi, la conferma che si trattasse davvero del Gran Sasso, dato che mi sembrava fin troppo vicino per essere vero.



Mentre sono in vetta ad ammirare il paesaggio ed a gustarmi un buon panino portato da casa, mi raggiunge un altro escursionista solitario: fare due chiacchiere è inevitabile e scopro subito essere anche molto piacevole; si tratta di un signore romano con base abruzzese ad Ovindoli. 
Insieme decidiamo di provare a scendere dalla parte opposta della cresta rispetto a dove siamo saliti: ben presto la cosa si rivela improponibile (almeno in discesa), ma il tentativo ci permette di avere una vista quasi verticale sul sottostante castello di Celano.

Tornati sui nostri passi riprendiamo la strada da cui siamo saliti, continuando a chiacchierare in modo davvero piacevole ed in breve, dopo aver incontrato numerosi "merenderos" diretti alla vetta del Monte Tino, ci ritroviamo di nuovo al rifugio "La Serra", dove il mio compagno aveva parcheggiato la macchina; ci fermiamo quindi per un caffè al rifugio mentre invitanti profumi nostrani escono dalla cucina. 
Infine il mio compagno di giornata insiste per darmi un passaggio fino alla macchina, che accetto volentieri, non tanto per la stanchezza, in verità quasi nulla, quanto per la scarsa attrattiva del sentiero che dal rifugio mi riporterebbe a piedi all'auto.

Il percorso da me seguito, il cui tracciato gps si può scaricare cliccando qui, se interamente percorso a piedi (non come me che ho sfruttato un passaggio fuori programma) è lungo poco più di 12 km e non presenta assolutamente nessuna difficoltà; ricordo che per abbreviarlo si può tranquillamente arrivare in macchina al rifugio "La Serra" dove c'è modo di parcheggiare comodamente.




Venerdì 11 Agosto 2017

Cima della Laghetta e Monte Gorzano: magica Laga...!!!


Dopo la splendida avventura sul Monte Corvo con Francesco, Leo e Linda c’era la voglia di un’altra uscita insieme: purtroppo però Francesco aveva impegni familiari e lavorativi inderogabili, quindi stavo pensando di organizzare qualcosa per conto mio, un po’ scoraggiato però dal gran caldo anomalo di questi primi 10 giorni di agosto, quando Leo a sorpresa mi chiede se mi va di salire sulla Laga: meta Fonte Pane e Cacio con un sibillino “poi quando siamo li vediamo…”
Unica condizione: ritrovo all’una di notte in modo che Linda possa non patire il caldo assurdo patito sul Corvo e si possa vedere l’alba dall’alto. 
Detto fatto e all’una meno 10 sono sul posto dell'appuntamento al bivio per Campotosto sulla statale L’Aquila - Teramo: Leo arriva spaccando il minuto, lascio l’auto e con il suo Doblò raggiungiamo Campotosto parcheggiando all’inizio del sentiero n. 300, poco sopra il cimitero.
Il tempo di prepararci al volo ed accendere le frontali e all’1.40 ci incamminiamo: la nottata è calda e umida, almeno qui vicino al lago, tanto che iniziamo la salita semplicemente in maglietta.
Personalmente non sono ancora molto abituato alle uscite notturne (questa è solo la mia seconda volta dopo la salita al Cafornia di una settimana fà), quindi non rinuncio alla frontale nonostante i bonari rimbrotti di Leo, a cui basta la luce della luna - anche se spesso oscurata dalle nuvole portate dal vento - e la guida di Linda.
In questo primo tratto Leo mi fa davvero da cicerone, indicandomi le varie montagne di cui al momento si scorgono solo le forme scure e raccontandomi di tutte le volte che è venuto da queste parti in montagna o anche solo a funghi o fare una scampagnata: da ogni sua parola traspare l’amore incondizionato per queste montagne. 
Fra l’altro nella precedente escursione insieme, in cui avevo parlato soprattutto con Francesco, mi ero fatto l’idea che Leo fosse un po’ taciturno, invece mi ha fatto piacere scoprire che non è affatto così.
Salendo per il sentiero Leo è piacevolmente stupito che sia stato recentemente segnato con abbondanti e precisi bolli bianco/rossi; arriviamo poi a quello che lui chiama il “sottopassaggio”, un tratto in cui il sentiero attraversa una spettacolare faggeta al di là della quale mi avverte che ci troveremo in un’altra dimensione: il buio mi impedisce di percepire appieno la nuova dimensione, ma me ne accorgerò meglio al ritorno.
Ogni tanto ci fermiamo ad osservare la luna e le nuvole che le passano velocissime davanti, chiedendoci quali condizioni meteo troveremo salendo, ma in questo momento la magia della notte e della montagna ci chiamano prepotentemente e non ce ne preoccupiamo.
Il rumore dell’acqua ci fa intuire che siamo in prossimità di alcuni dei tanti rigagnoli d’acqua che tagliano il versante della montagna, in prossimità dei quali troviamo parecchi rospi sul sentiero, anche di dimensioni notevoli.


Abbastanza velocemente arriviamo poi a Fonte Pane e Cacio, per la verità piuttosto secca, e da qui dopo un breve silenzioso consulto decidiamo di proseguire verso Cima della Laghetta, che Leo mi dice di non aver mai salito: inizia così uno splendido sentiero di cresta che ci fa guadagnare quota dolcemente ma inesorabilmente; il buio la fa ancora da padrone.


Il vento si fa sempre più forte, in alcuni tratti ci sposta quasi (confortante in questo caso essere sopra gli 80 kg...), comincia a rischiarare un po’ e sopra le nostre teste le nuvole corrono velocissime; la miglior visibilità a questo punto mi permette di godere al meglio dell’escursione e del panorama che via via inizia a rivelarsi, il che mi permette di non avvertire minimamente la fatica: da qui in poi per me inizia una nuova escursione, un'esperienza totalizzante, quasi mistica.
La cresta che stiamo percorrendo presenta una serie infinita di saliscendi, di vere e proprie montagne nella montagna, tanto che ogni volta ci chiediamo se la prossima sarà la famosa Cima della Laghetta ed ogni volta dobbiamo sperare nella successiva; il sentiero però è davvero piacevole e divertente quindi proseguiamo imperterriti nonostante il vento davvero potente che ci sferza ad ogni passo.

Finalmente arriviamo alla Laghetta: piccola sosta per ripararci alla meglio dal vento e mangiare qualcosa, non ha ancora albeggiato, ci guardiamo negli occhi un istante e all'unisono pensiamo che visto che siamo qui possiamo anche arrivare fino al Gorzano, che mastodontico ci aspetta “poco oltre”.



Più sotto la Valle delle Cento Fonti e il paese di Cesacastina sono ancora avvolte dalla notte.




L’alba ci coglie a metà strada fra la Laghetta ed il Gorzano: incuranti del vento che davvero  sembra volerci ricacciare indietro ci lasciamo ammaliare dalla luce, dai colori, dalle nuvole che corrono impazzite in un’atmosfera davvero impossibile da descrivere a parole.

Ci possiamo solamente fermare ad ammirare in silenzio: magia pura!

Per arrivare al Gorzano però ci sono ancora un bel po’ di saliscendi da affrontare, ma nessuno di noi due (Linda men che meno) sente al momento la fatica: il Re della Laga ci chiama e noi non vogliamo assolutamente deluderlo, così proseguiamo la nostra marcia.


Alla nostra destra, con le cime più alte avvolte dalle nuvole, si scorge imponente la catena del Gran Sasso.

Mentre invece guardandoci alle spalle veniamo letteralmente ammaliati dalla luce radente del giorno che è appena nato e che illumina d’oro la cresta appena percorsa, con la Cima della Laghetta in splendida evidenza.




Con questo spettacolo negli occhi attacchiamo rinfrancati il tratto finale di salita che ci porta in vetta al Monte Gorzano: il vento è fortissimo, le nuvole che arrivano velocissime si infrangono sulla cresta impennandosi verso l’alto in uno spettacolo che non mi era mai capitato di vedere; sopra di noi uno strato di nubi grigie e compatte, solo all’apparenza minacciose.

Il tutto concorre a creare una situazione di luci ed ombre davvero particolare, che unite ad un panorama a dir poco mozzafiato, da quasi la sensazione di trovarsi ad assistere alla creazione dell’universo.





Siccome devo giustificare il fatto di essermi portato fin qua il cavalletto ne approfitto per un autoscatto in vetta (Linda è sicuramente quella venuta meglio...), non prima di aver ancorato il tutto con lo zaino per evitare spiacevoli sorprese.



Siamo davvero felici ed entusiasti di essere arrivati fino qui, essendo partiti senza un programma preciso, solo spinti dalla voglia di camminare in montagna; quando poi Leo, visibilmente soddisfatto della vetta raggiunta, mi dice che da solo o con un compagno titubante, visto il vento cattivo, non sarebbe mai arrivato fino alla vetta ma sarebbe ritornato sui suoi passi non posso che sentirmi inorgoglito…grazie Leo!!!

Non è il caso di fermarsi troppo in vetta, nonostante il panorama sia francamente maestoso a 360 gradi, così iniziamo la discesa intorno alle 7 di mattina: la luce sulla Valle delle Cento Fonti è davvero magica.

Finalmente scendendo con la luce possiamo ammirare anche il versante che volge verso il lago di Campotosto, dove il vento ha spazzato le nuvole più scure e grigie.

Ripercorrere la cresta fatta in precedenza con la semi oscurità è davvero una goduria, nonostante la sua notevole lunghezza: ad ogni passo varrebbe la pena di fermarsi per scattare fotografie.



La discesa ci porta velocemente verso il bosco del famoso “sottopassaggio”: prima di affrontarlo c’è giusto il tempo di fermarci un po’ a gustare il the che Leo prepara ad ogni escursione e poi ci avviamo all’ultimo tratto di discesa, che ci riporterà alla macchina. 
Sulla strada abbiamo la fortuna di incontrare uno splendido esempio di Abruzzese "con la buccia", ma servirebbe Leo per descrivere il personaggio.

Tornati alla macchina decidiamo di fare un salto in paese a Campotosto a bere una meritata birra e per renderci conto delle condizioni del paese ad un anno dal terremoto: purtroppo quello che vediamo lascia davvero tramortiti, ma la gente del posto è davvero tosta e cerca di andare avanti come prima, nonostante tutto.




Qui di seguito un breve filmato girato senza pretese con l'iPhone, ma che forse riesce a far percepire la magia di questa escursione e della Lega in generale.


Ciliegina finale di un’escursione indimenticabile un pranzetto niente male in una trattoria sulla statale di cui Leo è affezionato cliente, in cui ci siamo concessi un bel piatto di tagliolini alla boscaiola e coniglio con misto funghi.

Il percorso che abbiamo seguito si snoda per poco più di 20 km ed ha un dislivello cumulato (compreso quindi i vari saliscendi) di oltre 1.500 metri, quindi nonostante la bellezza e maestosità del paesaggio non faccia avvertire troppo la salita, si presta solo ad escursionisti ben allenati; non presenta comunque alcuna difficoltà di sorta.
La traccia gps può essere scaricata cliccando qui.




Venerdì 4 Agosto 2017

In notturna sul monte Cafornia













Anche quest'anno la mia vacanza abruzzese ha avuto l’onore di essere impreziosita da un’uscita insieme al mitico Alessandro (@alexmoscow73 del forum di avventurosamente.it).
Inizialmente avevamo pensato ad una salita al Velino dai Piani di Pezza, ma poi per problemi organizzativi abbiamo cambiato del tutto programma, salendo il Monte Cafornia in notturna (prima in assoluto per me!): curiosamente l’escursione che avevano ipotizzato di fare insieme lo scorso anno, prima di cambiare del tutto meta per andare ad avventurarci in vetta al Cimone di Santa Colomba.
L’uscita è stata ingentilita dalla presenza di Silvia, amica di Alex, ottima camminatrice dal passo costante che ci ha allietato lungo il percorso con biscotti fatti in casa e taralli in vetta.
Per la salita Alex ha scelto la direttissima lasciando l’auto sopra Forme: alle 20.30 siamo in marcia, il caldo è opprimente nonostante l’orario e la luce ci regala tenui colori, nel cielo e sull’imbocco della Valle Maielama.

In breve sulla sterrata raggiungiamo il rifugio Casale da Monte dove iniziamo una salita fuori sentiero passando accanto ad alcune mucche placidamente al pascolo ed aggirando il boschetto fino ad arrivare ad intercettare il sentiero n. 7 che sale al Cafornia partendo da Massa d’Albe.
La notte non è ancora completamente calata e la luce della luna è più che sufficiente per procedere senza fatica, evitando per il momento di accendere le frontali.



Una volta fatta notte ed accese le torce la salita procede comunque tranquilla, mentre incontriamo qualche cavallo che scende verso valle: davvero impressionante come nel buio spicchino i loro occhi iridescenti, quasi dei piccoli fanali. 
Senza grossi affanni arriviamo al bivio dove dal sentiero n. 7 si stacca sulla sinistra il 7a, ovvero la direttissima per salire in vetta.

Da qui, soprattutto nel primo tratto, l’oscurità ci fa mancare qualche bollo bianco/rosso, quindi saliamo un po’ fuori sentiero anche se la direzione da seguire è assolutamente intuitiva; qualche centinaio di metri oltre comunque ritorniamo a trovare il sentiero ufficiale, ci concediamo quindi una piccola pausa poco sopra quota 2.000 metri, approfittando per qualche foto.


Solo ora la calura da un minimo di tregua e comincia a sentirsi una piacevolissima brezza fresca che ci fornisce la spinta per affrontare l’ultimo tratto di salita per raggiungere la vetta (francamente per essere una “direttissima” temevo fosse molto più ripida).
Raggiunti i 2.424 metri della vetta ci copriamo un po’ mentre mangiamo qualcosa; sono le 23.45 circa, non male la salita al Cafornia in notturna in poco più di 3 ore: da dove siamo partiti sono circa 1.400 metri di dislivello..! 
Un autoscatto in vetta non può mancare, anche se mi vergogno profondamente di non essere stato in grado, al buio, di mettere a fuoco correttamente…



La sosta in vetta dura una mezzoretta, poi riprendiamo la marcia per affrontare la discesa per “la normale” del sentiero 7, passando per la suggestiva Cimata Fossa dei Cavalli. 
Appena abbandonata la Cimata appare subito chiaro che l’abbigliamento aggiunto in vetta non è più assolutamente necessario, così tutti proseguiamo l’escursione con la sola maglietta. 
Anche la discesa, complice il buio e la difficoltà di rilevare i bolli bianco/rossi, avviene per lunghi tratti fuori dal sentiero ufficiale, ma i pratoni sono agevoli e la direzione da seguire sempre molto intuitiva; raggiungiamo quindi la Grotta del Pastore da dove poi il sentiero risulta ben visibile.



La discesa prosegue tranquilla, il caldo e la stanchezza cominciano a farsi sentire ma l’auto ormai si avvicina; infine invece di rifare il fuori sentiero dell’andata scorgiamo una traccia che si stacca dal sentiero n. 7 e che ci riporta comodamente sulla sterrata a valle del rifugio Casale da Monte e da qui velocemente alla macchina, a cui arriviamo all’incirca alle 3 di mattina. 
Come detto questa è stata la mia prima escursione notturna ed ero molto curioso di capire cosa volesse dire uscire in questa parte della giornata, perchè nonostante il fascino notturno in un certo qual modo pensavo fosse un controsenso andare in montagna senza poter vedere il maestoso panorama che può offrire; devo dire invece che pur non potendola vedere, la montagna la si sente costantemente in maniera prepotente: quindi sono sicuramente felice di aver provato anche questo modo di andare in montagna.
Grazie ad Alex e Silvia per la splendida compagnia: alla prossima!

L'escursione da noi fatta è lunga poco meno di 13 km e non presenta alcuna difficoltà; va però tenuto conto che il dislivello complessivo, raggiungendo circa i 1.400 metri, richiede un discreto allenamento.
La traccia gps può essere scaricata cliccando qui.




Lunedì 3 giugno 2019 Cascata di Prà Lavino da Passo Tremalzo E' passato un sacco di tempo dall'ultima escursione, davvero troppo, ed...