Avvertenza: tutti gli itinerari sono stati percorsi personalmente, tuttavia, data la natura mutevole della montagna, le indicazioni devono essere considerate puramente indicative. Declino qualsiasi responsabilità riguardo eventuali malaugurati incidenti o inconvenienti che potrebbero accadere percorrendo gli itinerari descritti sul blog e sull'utilizzo delle tracce GPS che si possono scaricare liberamente. Ricordo inoltre che tutte le valutazioni circa le difficoltà delle escursioni riportate sono prettamente soggettive: durante le escursioni sta al buonsenso di ciascuno decidere come, quando e se proseguire o meno.

Venerdì 5 Dicembre 2014

Cascate del Perino



In questo inizio di inverno in cui il freddo, quello vero, ancora tarda ad arrivare decido di levarmi la curiosità di andare a visitare e fotografare le famose cascate del Perino, in Val Trebbia.
La strada per salire è piuttosto stretta e tortuosa, con una curva a gomito che richiede addirittura una manovra per poter essere imboccata correttamente, poi parcheggiata la macchina nel prato antistante la chiesa di Calenzano Fondo proseguo a piedi, in discesa verso le ultime case della frazione e il grazioso agriturismo "Le Cascate", che ad una rapida occhiata meriterebbe una visita a sé stante.
Poco oltre parte il sentiero che risalendo il corso del torrente Perino conduce alle varie cascate; purtroppo la parte finale del sentiero che scende verso l'acqua e porta alla prima cascata è stata spazzata via da uno smottamento che rende del tutto impossibile scendere al livello dell'acqua.



A parte questo inconveniente, che immagino essere stato recentissimo, il sentiero per le cascate, per quanto parecchio infangato per le recenti piogge e ricoperto di foglie, è assolutamente percorribile senza difficoltà e piuttosto ben attrezzati.


Superata la prima, inagibile cascata, il sentiero transita accanto al Mulino di Riè, che sembrerebbe essere in fase di ristrutturazione: speriamo che il progetto non si areni perchè sicuramente è una costruzione affascinante.

Il Mulino di Riè

Oltre il mulino il sentiero conduce rapidamente alla seconda cascata del Perino, dove per fortuna si può scendere fino al livello dell'acqua; molto scenografico qui il grosso masso (risultato probabilmente di qualche frana) che, posizionato proprio sotto il getto dell'acqua, produce grossi schizzi a ripetizione.



Il sentiero prosegue poi in dolce salita costeggiando il tumultuoso corso del torrente, con particolari confluenze che creano continui giochi d'acqua.

Infine si arriva senza molta fatica, se non quella dovuta al fango presente sul sentiero e alle foglie scivolosissime, all'ultima cascata, anche qui è possibile scendere fino al pelo dell'acqua, prestando però sempre la massima attenzione ai massi levigati e bagnati: il rischio di cadere è sempre molto alto.




Le cascate del Perino sono un ambiente molto suggestivo: purtroppo la luce della giornata invernale non ha favorito molto le fotografie, ma le potenzialità del luogo da questo punto di vista sono molto elevate; le cascate andrebbero riviste sia in veste davvero invernale, ricoperte di neve e ghiaccio (però immagino che la strada per salire in auto non sia il massimo...), sia in tarda primavera, attorniate da alberi verdi e non così spogli.


Il giro da me effettuato si snoda per poco più di 5 km e, a parte tratti resi molto scivolosi per il fango, non presenta nessuna difficoltà; la traccia gps può essere scaricata da qui.



Venerdì 10 Ottobre 2014

Elefante del Trebbia, primo tentativo 




Autunno, previsioni meteo non certo ottimali, ma la voglia di andare un po' in giro sui monti piacentini e scattare qualche foto è grande, quindi non mi faccio spaventare e parto ugualmente.
La meta è l'alta Val Trebbia e l'intenzione sarebbe quella di fotografare il famoso "elefante del Trebbia", Surus, scoperto dal fotografo Paolo Guglielmetti (per appfondimenti potete leggere qui e anche qui); si tratta di una curiosa formazione montuosa, appena sotto il paese di Cerignale, che fa capo al complesso del Monte Cerello che degrada nel fiume Trebbia fino nei Meandri di Confiente.
Come si intravede da questa foto scattata direttamente dalla statale la sagoma del monte ha l'aspetto curvilineo del dorso dell'elefante, disegnato dai meandri del fiume nelle estremità basse delle zampe e della proboscide.

Lasciata l'auto nella piazzetta di Cerignale mi incammino sul sentiero che parte dietro alle case del paese e scende verso la chiesa e dove, subito dopo, si incontra un piccolo torrente che forma delle cascatelle.


Il sentiero poi si addentra nel bosco, tagliando il fianco della montagna in progressiva discesa verso il letto del Trebbia, seguendo quello che è il profilo del corpo dell'elefante visto dalla statale.

In questi giorni ha piovuto parecchio ed il sentiero è abbastanza fangoso, anche se ricoperto da uno splendido tappeto di foglie autunnali; mentre cammino ad ogni passo si presenta un affaccio sempre diverso sul fiume, poi nel silenzio del bosco, dopo una semicurva del sentiero, mi ritrovo davanti uno splendido esemplare di capriolo che mi fa rimanere di stucco per la sorpresa: nemmeno il tempo di provare a prendere la macchina fotografica che avvertitia la mia presenza, l'animale scappa con agilità scendendo fra gli alberi.
Aggirata poi quella che è la testa di Surus, in prossimità della confluenza fra Trebbia ed Aveto, il sentiero riprende quota sempre all'interno del bosco costeggiando quest'ultimo; intanto ricomincia purtroppo a piovere tanto che arrivato nei pressi del borgo di Casale devo cercarmi un riparo per quello che ormai è diventato un vero e proprio diluvio.


Riposta all'asciutto nello zaino l'attrezzatura fotografica, visto che l'intensità della pioggia non accenna a diminuire, decido che non è il caso di proseguire nell'escursione me è molto meglio ritornare il prima possibile alla macchina, così prendo la strada asfaltata che dalla frazione di Casale riporta a Cerignale, dove arrivo fradicio, almeno esternamente (benedetto sia l'abbigliamento tecnico, che ha realmente impedito di bagnarmi fino all'osso).
Oggi è andata così, sarebbe stato inutile proseguire, ma mi riprometto assolutamente di tornare prima o poi a completare il giro e ad ammirare nuovamente Surus in una giornata metereologicamente più favorevole.

Il percorso da me fatto si estende per circa km, non presenta particolari difficoltà se non per qualche scomodo passaggio dovuto alla scarsa manutenzione dei sentieri e si percorre in circa ore, senza alcuna fretta; la traccia gps può essere scaricata cliccando qui.





Lunedì 8 Settembre 2014

Val Nure: Cassimoreno, cascate del Lardana e laghi Bino e Moo



Escursione molto bella (e lunga), sulle colline piacentine nell'alta Val Nure, in una zona molto ricca di acqua e di torbiere.
Arrivando a Cassimoreno sembra di essere in un altro mondo, lontano anni luce dalla quotidianità delle città e del lavoro; si respira una grande tranquillità ed i pochi rumori che si sentono sono tutti della natura.
In prossimità della chiesa, dopo aver lasciato l'auto, si imbocca il sentiero n. 33, ottimamente segnalato, che prima porta alla frazione di Roffi, con le sue casette in pietra a vista e poi si addentra nel bosco, non prima di aver attraversato un bel prato in cui alcune farfalle ancora intirizzite dalla nottata fresca si lasciano fotografare.


Usciti dal bosco si comincia a sentire il classico rumore di acqua scrosciante e dopo aver attraversato un piccolo torrente su un ponticello improvvisato, si arriva alle cascate del Lardana (o cascata dell'Aquila), che si possono risalire sulla destra in un tratto davvero molto ripido, grazie ad alcuni gradoni e ad un provvidenziale corrimano in ferro.


Superate le cascate il sentiero procede nel bosco fino a sbucare in una radura, con alcuni tavoli per il pic-nic, da cui iniziano le propaggini del lago Bino, che nel mese di agosto viene ricoperto dalle caratteristiche ninfee gialle.
Dopo aver girato intorno al lago per fotografarlo da ogni angolazione, ci si può avventurare fuori traccia per salire su un piccolo promontorio da cui si gode una vista dall'alto di tutto il lago.


Il Lago Bino visto dal piccolo promontorio 
Abbandonato il lago Bino si prende il sentiero n. 22 che prosegue in discesa verso il lago Moo; quest'ultimo però si presenta completamente ricoperto da erba e canne, risultando una palude più che un lago. 


Girando intorno al lago Moo si incontrano altri tavoli per il picnic alla fresca ombra degli alberi e dei ripari-mangiatoia per dei cavalli lasciati qui a pascolare; si risale poi di nuovo verso il lago Bino seguendo sempre il sentiero 22 che percorre una strada diversa rispetto all'andata per poi procedere verso Prato Grande ed il rifugio Monte Ragola, in questo periodo aperto solo di domenica.
Prato Grande, come facilmente intuibile dal nome è una grande distesa, abbastanza pianeggiante, in cui d'estate vengono portati a pascolare gli animali: fortunatamente (visto il mio scarso feeling con le mucche) ne ho trovate solo quattro, tranquille ed intente a farsi gli affari loro, che non mi hanno nemmeno degnato di uno sguardo.



Si gira tutto intorno a Prato Grande, costeggiando gli alberi, per poi imboccare il sentiero n. 35 che si addentra in discesa nel bosco e che porta a chiudere il giro, prendendo poi a sinistra ad un grosso bivio il sentiero n. 51 che ritorna a Cassimoreno passando per il cosiddetto Lagazzo, un altro lago/palude molto simile al lago Moo.



Purtoppo la parte di sentiero che scende da Prato Grande fino ad arrivare al bivio per il sentiero 51 è rovinatissima dal passaggio delle moto da cross tanto che si sono formati grossi solchi fangosi, alcuni pieni d'acqua, che rendono in alcuni tratti davvero difficoltoso il passaggio; per non parlare di uno steccato, stranamente trovato chiuso, che mi ha costretto a non poche acrobazie nel filo spinato per riuscire a passare (se c'era un'apertura io proprio non l'ho vista...).
Alla fine sono arrivato davvero esausto (22 km non li avevo mai fatti tutti in una volta) e con un gran mal di piedi a causa delle condizioni degli ultimi km di percorso.
Nel complesso è un'escursione molto piacevole, se non fosse per la parte finale del giro, diciamo gli ultimi 5/6 km, che è piuttosto monotona e molto poco interessante a livello fotografico.
Un cenno va sicuramente fatto all'acqua della fonte che c'è proprio di fronte alla chiesa di Cassimoreno: sarà che avevo molta sete, ma un'acqua così fresca e buona era da tempo che non la bevevo!
Questo giro potrebbe essere molto interessante in primavera, con i prati tutti fioriti.
 
L'anello percorso non presenta alcuna difficoltà, misura circa 22 km ed io ho impiegato poco più di 7 ore per ultimare l'escursione; la traccia gps la potete scaricare da qui.



Giovedì 31 Luglio 2014

Da Camporotondo al Santuario della Santissima Trinità




Per concludere queste vacanze estive in Abruzzo avevo voglia di un bel giretto non troppo impegnativo ma comunque remunerativo dal punto di vista della natura solitaria: curiosando in rete mi è capitato per caso di leggere un resoconto di questa piccola traversata nord-sud del Parco dei Monti Simbruini, con cui vi era la possibilità di inserire anche un luogo di culto del tutto particolare, quindi non me lo sono lasciato scappare.
Si parte da Camporotondo, stazione sciistica, frazione di Cappadocia e si imbocca una comoda strada forestale che costeggia le ultime palazzine del paese prima di addentrarsi nel bosco, dapprima in piano, poi in discesa mai troppo marcata.
Usciti dal bosco si arriva al vasto piano della Cesa Cotta, su cui sorge uno sgangherato rifugio in stile far west.

La tranquillità regna sovrana in questo angolo che sembra lontano dalla civiltà, ma in fondo è solo a un paio di kilometri da dove ho lasciato l'auto; in lontananza noto solo un pastore all'ombra che tiene d'occhio le sue bestie e al quale rivolgo un saluto con il braccio.
Attraversando il confine tra Abruzzo e Lazio e il vecchio limite dello Stato della Chiesa, contrassegnato con i caratteristici ceppi si arriva in una piccola ed accogliente area pic-nic: decido di prendere il sentiero che risale verso sinistra con la certezza che ripasserò di qua al ritorno arrivando dalla parte opposta.
Dopo un breve tratto in cui perdo la traccia, proseguendo "a naso" si arriva in prossimità del Santuario della Santissima Trinità di Vallepietra: frequentatissimo luogo di culto inerpicato e scavato all'interno di una ripidissima parete di roccia (per qualche cenno storico sul Santuario potete cliccare qui).


Il santuario è davvero molto particolare, con un numero davvero sterminato di ex voto che costeggiano tutte le vie di accesso, ma la quantità di turisti e gli immancabili negozietti di souvenir tolgono un po' di fascino a questo luogo così speciale.
Ultimata la doverosa visita a questa opera dell'uomo costata sicuramente tantissima fatica e devozione, prendo la strada del ritorno, ritornando ad immergermi nella natura solitaria.
Dal piazzale dove parcheggiano i pulmann di pellegrini si prende la strada asfaltata che prende in discesca addentrandosi nel bosco; continuando a scendere la strada diventa una ampia sterrata che conduce alla vasta radura di Campo della Pietra.

Qui il sentiero attraversa la piana, utilizzata da pascolo (non nascondo di aver provato un po' di disagio passando accanto alle mucche dopo quanto accaduto solo una settimana prima...), e dopo aver fatto una lunga curva a U costeggiando il bosco, scende verso Fosso Foio, un posto davvero suggestivo con passaggi fra rocce che fanno pensare ai luoghi degli attacchi alla diligenza nei film western.
Usciti da Fosso Foio il sentiero prosegue raggiungengo la radura attrezzata con tavoli, panche e griglie che avevo già attraversato al mattino, prendendo poi l'altro sentiero che conduce al Santuario.
Qui incontro un gruppetto di 5 scout con il loro accompagnatore che stanno pranzando e mi unisco a loro per consumare i miei panini e scambiare quattro chiacchiere sulla bellezza della natura selvaggia e solitaria; salutati gli scout riprendo il cammino verso Camporotondo dove ripendere l'auto per tornare a casa.



Il percorso da me fatto si snoda per circa 16,5 km, non presenta alcuna difficoltà e si percorre in circa 5 ore, senza fretta; è possibile scaricare la traccia gps da qui.



Martedi 29 Luglio 2014

La Camosciara


Bellissimo giro fra i famosi sentieri della Camosciara, nel silenzio dei boschi fino ad arrivare al chiasso del piazzale e del sentiero che porta alle famose cascate delle Ninfe e delle Tre Cannelle.
La prima parte del percorso, partendo da Civitella Alfedena, scende per un incantevole bosco attraversato da tantissimi rigagnoli d'acqua che scendo a valle; questa parte del percorso l'ho fatta in totale solitudine (e pace), peccato solo per il molto fango, dovuto alle abbondanti piogge dei giorni precedenti, che ha reso un po' scivoloso alcuni tratti del sentiero (oltre a sporcarmi in maniera assurda gli scarponi.... ).


Nell'arrivare alla strada asfaltata che porta al piazzale della Camosciara gli schiamazzi dei bambini, ancora prima di vederli, fanno capire che si sta per arrivare ad un luogo piuttosto affollato.
Il trenino che mi sorpassa lungo la strada mi fa un po' perdere la magia di questi luoghi, così come i molti turisti che si avviano, spesso con scarpe improponibili per quel tracciato comunque in salita e sconnesso, a vedere le famose cascate.
Sul ciglio della strada si possono però vedere e fotografare splendidi cardi, mentre all'interno della faggeta si trovano alberi dalla strana conformazione.


Con il senno di poi avrei dovuto dirigermi subito al Belvedere della Liscia e tenere la visita alle Ninfe e alle Tre Cannelle per l'ora di pranzo, quando non c'era praticamente più nessuno.
Dopo la visita alle cascate mi sono diretto sul sentiero più impegnativo (ma niente di difficile) che porta al rifugio del Belvedere della Liscia; purtroppo la speranza di vedere qualche camoscio si è dissolta nel nulla, ma lungo il sentiero il bosco regala viste splendide, come quella su una piscinetta invitante creata da una meno nota - ma forse più spettacolare - cascata.


Il belvedere è una mezza delusione, nel senso che la vista non è per nulla spettacolare, ne tantomeno ampia, comunque è meta ideale per riposarsi un pochino.


Per ritornare alla macchina ho preso l'altro sentiero che torna a Civitella Alfedena, diverso da quello fatto in precedenza, e che si prende lungo la strada asfaltata, più in fondo rispetto a dove ero sbucato io dal sentiero dell'andata; da qui si può godere di una vista spettacolare sul comprensorio della Camosciara (vedi foto panoramica all'inizio del post).
Prima del ritorno verso casa mi sono concesso una rinfrescante birretta sulle sponde del lago, sempre dalla parte di Civitella Alfedena.

Il percorso da me fatto si estende per circa 14,3 km ed io ho impiegato circa 5 ore e mezza a percorrerlo, senza fretta e con numerose soste per scattare foto; la traccia gps può essere scaricata qui.



Lunedì 3 giugno 2019 Cascata di Prà Lavino da Passo Tremalzo E' passato un sacco di tempo dall'ultima escursione, davvero troppo, ed...