Avvertenza: tutti gli itinerari sono stati percorsi personalmente, tuttavia, data la natura mutevole della montagna, le indicazioni devono essere considerate puramente indicative. Declino qualsiasi responsabilità riguardo eventuali malaugurati incidenti o inconvenienti che potrebbero accadere percorrendo gli itinerari descritti sul blog e sull'utilizzo delle tracce GPS che si possono scaricare liberamente. Ricordo inoltre che tutte le valutazioni circa le difficoltà delle escursioni riportate sono prettamente soggettive: durante le escursioni sta al buonsenso di ciascuno decidere come, quando e se proseguire o meno.

Martedì 2 Agosto 2016

Wild sul Cimone di Santa Colomba



Pregustavo ormai da tanto, praticamente un anno, il ritorno in Abruzzo per le vacanze estive e come ogni volta mi ero lanciato in progetti di escursioni varie, studiate al computer su Google Earth o cercando tracce in rete. 
Quest’anno poi grazie alla disponibilità di Alessandro (il grandissimo Alexmoscow73 del forum di Avventurosamente, vero intenditore della montagna e dell’Appennino, oltre che una grande persona e un tifosissimo della Cremonese), sapevo di aver la possibilità di fare un’uscita con lui. Inizialmente avevamo pensato ad un'escursione notturna, ma poi un paio di giorni prima della data concordata, Alessandro mi dice “ci stai a cambiare programma e fare un’escursione diurna? ci sono le condizioni ideali per una cima che inseguo da anni: il Cimone di Santa Colomba”.
Inizialmente resto un po’ spiazzato, perchè l’idea della notturna mi affascinava ed anche perchè la vetta proposta da Alessandro è per me totalmente sconosciuta, ma poi pensando al tipo di escursioni che fa lui solitamente mi dico “cavolo, se è una cima che Alex insegue da anni vorrà pur dire qualcosa!”, così accetto di buon grado il cambio di programma.
Alle 3.30 Alessandro si fa trovare al casello di Magliano e alle 4.10 siamo a L’Aquila per incontrarci con Francesco, suo compagno abituale di uscite, altro grande amante della Montagna, con la M maiuscola; intorno alle 5 siamo a Pian del Fiume, a 830 metri, punto di partenza della nostra escursione per raggiungere la vetta del Cimone di Santa Colomba, cima sconosciuta al grande pubblico sul versante teramano del Gran Sasso e penalizzata dal fatto che i suoi 1.912 metri non le permettono di far parte del famoso “Club 2.000” molto in voga in questa zona.
Siamo decisamente in anticipo rispetto all’idea di Alessandro, che ipotizzava di iniziare la salita intorno alle 6; tanto in anticipo da sbagliare strada a causa del buio ed inerpicarci sul sentiero che costeggia sulla destra il Fosso del Malepasso; fortunatamente l’errore non è troppo dispendioso a livello fisico e ci permette di scoprire scorci che definire selvaggi è dire poco, come l’orrido della cascata Vaceliera, oltre che di ammirare l'alba.




Ripreso il cammino corretto e guadato un torrentello di acqua limpidissima ci infiliamo nel bosco lungo un sentiero (numero 17) che porta alla Chiesa di Santa Colomba a quota 1.230 metri: la chiesetta è piuttosto deludente, tutta di cemento e molto scarna, ma del resto non è la meta della nostra escursione che invece da qui cominciamo a scorgere dritta sopra di noi, su ripidissimi pendii, e subito una certezza si palesa: arrivare lassù non sarà di sicuro una passeggiata!
Dopo la chiesa il sentiero viene ben presto abbandonato, con Francesco che fa l’andatura ad ampie falcate e ci guida inerpicandoci nel bosco: la pendenza inizia a farsi sentire ma non è assolutamente nulla rispetto a quello che ci aspetta una volta usciti dal bosco.
Qui infatti ci ritroviamo su prati con pendenza di 40/45°, con erba molto alta e soprattutto bagnatissima, tanto che in molti punti per sentirci sicuri siamo costretti ad aiutarci afferrando l’erba davanti a noi in modo da spostare il baricentro tutto in avanti e non scivolare; ben presto ci rendiamo conto che sarà impossibile ridiscendere dallo stesso percorso: troppo alto il rischio di scivolare senza possibilità di fermarsi, ma a questo penseremo più avanti.









Si sale sempre più, dritto per dritto in una "pettata davvero ignorante" (per citare i termini più usati nell'escursione) fra i valloni di Fossaceca e Malepasso: man mano che si procede si cominciano ad intravedere i monti circostanti in tutta la loro imponenza e selvaggia bellezza.






Si ha veramente la sensazione di essere in un ambiente quasi primordiale, dove la natura è la padrona incontrastata e noi siamo solo dei puntini minuscoli.









Proseguendo, viste le condizioni davvero bagnatissime dell'erba, molto alta come visto (una scivolata potrebbe qui avere conseguenze davvero poco simpatiche...) decidiamo di spostarci lungo una crestina aerea con roccette che si affaccia a sinistra sulla selvaggia forra del Vallone di Fossaceca: qui il margine d’errore è assolutamente pari a zero, ma anche in questo caso è meglio non pensarci, restare concentrati e guardare bene dove si mettono i piedi), affrontando passaggi di I e II grado (a detta di Alessando, di cui mi fido ciecamente: io di questa terminologia non capisco assolutamente niente!) che hanno impietosamente dimostrato quanto io sia impedito per certe cose!







Non smetterò mai di ringraziare i miei compagni di avventura per avermi aspettato, aiutato ed in un certo senso proprio trasportato attraverso questi passaggi assolutamente non banali.
Ripresa la strada più comoda - eufemismo - dei pratoni d’erba fradicia possiamo girarci a vedere la cresta appena percorsa quando poi siamo ormai in prossimità della meta della nostra escursione che riusciamo a raggiungere con un ultimo sforzo sotto gli occhi di alcuni camosci (bellissima una femmina con il piccolino) che ci osservano curiosi a distanza di sicurezza.





La vetta del Cimone di Santa Colomba non è in alcun modo segnata, niente croci di vetta o cippi (del resto se mai ci fosse un libro di vetta penso che potrebbe durare almeno 5 anni, se non di più, prima di essere riempito di firme e dediche), ma la sensazione che si prova stando qui è quella di essere sul piedistallo di un direttore d’orchestra al cospetto di una schiera di musicisti davvero d’eccezione: da sinistra a destra si ammira la maestosità dei Monti Prena ed Infornace, delle Torri di Casanova e della Cima del Vado di Piaverano, poi del Monte Brancastrello, della Cima delle Fienare.


Sullo sfondo all’estrema destra fanno capolino le vette del Corno Grande mentre alle nostre spalle si vede chiaramente il mare Adriatico.




L’ambiente è quanto di più wild (termine usatissimo durante l’escursione) un abitante della Pianura Padana come me possa immaginare, ma dalle parole estasiate e dall’entusiasmo di Alessandro e Francesco capisco che anche loro sono rimasti folgorati dalla bellezza selvaggia di questo versante Teramano del Gran Sasso: ci troviamo davvero in un luogo non banale, dove la Natura regna incontrastata e noi tre siamo solo puntini variopinti in devota ammirazione.
Ovviamente i tre puntini devono immortalare degnamente la vetta raggiunta con tanta fatica, dando il massimo del risalto allo spettacolo che ci circonda (da sinistra Francesco, Alessandro ed io).





La salita è stata davvero tosta - ignorante, appunto, come dicevo prima - sia per la via di accesso scelta (dritto per dritto) la pendenza ed il dislivello in sé (1.100 metri in un tragitto di circa 4 km) e sia per le condizioni in loco: tutto o quasi fuori sentiero con erba altissima e veramente bagnatissima; ma del resto la fatica ed il sudore sono stati ampiamente ripagati dallo spettacolo di cui abbiamo goduto in via esclusiva sentendoci dei veri privilegiati.
Mentre salivamo ed una volta in vetta, però, dentro di me pensavo “ma poi da dove cavolo scendiamo?”: era chiaro infatti che la strada seguita per la salita sarebbe stata davvero troppo pericolosa per la discesa; il rischio di scivolare sull'erba era molto alto ed in tal caso le possibilità di fermarsi quasi nulle, con la conseguenza di farsi 400/500 metri di scivolata continuata...assolutamente impossibile! Avevo quindi la certezza che la discesa sarebbe stata molto più problematica della faticosa salita, ma mai avrei immaginato che per me si rivelasse quasi un vero e proprio incubo!
Dopo un consulto generale abbiamo deciso prima di tagliare verso il bosco, nella speranza di poterci aiutare con gli appigli forniti dalle piante, ma la pendenza ed il terreno marcio, martoriato da una serie infinita di smottamenti, ci hanno rallentato non poco (a dire il vero hanno rallentato più che altro me… ) facendoci scivolare a gambe all’aria più volte: tutti abbiamo appoggiato il sedere più o meno violentemente sul terreno, ma la classifica di giornata è stata nettamente dominata dal sottoscritto che ha letteralmente fatto sfigurare i compagni di avventura in termini di cadute e scivoloni. 



Abbiamo poi riprovato ad uscire dal bosco ma siamo poi stati costretti a ritornarvi fino ad uscirne definitivamente affrontando un traverso ripidissimo in erba altissima e fradicia (che novità, eh?!?) che ci ha messo davvero a dura prova (me in particolare - che ve lo dico a fare? - sdraiato completamente a terra e aggrappato disperatamente all’erba per non scivolare a valle): qui come in tutta l’escursione si è distinto Francesco, un vero carrarmato 4x4…impressionante!  
Dopo quest’ultima fatica ci siamo ricongiunti con il punto in cui eravamo usciti dal bosco in salita, a monte della chiesa di Santa Colomba: ormai il grosso era fatto, solo ancora una decina di scivoloni per me ed infine siamo giunti alla chiesetta; da qui in poi si torna su sentiero tracciato, l’adrenalina scema ed esce prepotente tutta la stanchezza accumulata durante l’escursione, tanto che l’arrivo alla macchina sembra davvero una liberazione.

Mi piace in questo caso spendere due parole sui miei compagni di avventura, Alessandro e Francesco: instancabili, entusiasti, pazienti, persone eccezionali, persone vere!
Ragazzi, è stato davvero un onore accompagnarvi su questa vetta, per me sconosciuta ma per voi tanto desiderata e sentita; non ci eravamo mai visti prima di persona ma ho subito percepito un legame silenzioso fra noi e non credo di essermi mai trovato così bene ed in sintonia con degli sconosciuti prima di oggi.
Unica nota stonata della giornata, purtroppo tocca sottolinearlo, è stata l’impossibilità di divorare un panino con la porchetta che avevamo già iniziato a pregustare salendo…incredibilmente tutti i porchettari in prossimità del santuario di San Gabriele erano inesorabilmente chiusi intorno alle 15: una cosa inconcepibile e che dovrebbe essere espressamente vietata per legge!  

L'itinerario da noi percorso, comprensivo dell'errore fatto in partenza, è di 10 km scarsi e noi abbiamo impiegato circa 7 ore per completarlo.
Questa, a differenza delle altre postate su questo blog, è un’escursione sul serio tostissima, assolutamente non per tutti (io stesso senza i miei preziosi compagni non avrei mai potuto affrontarla), molto faticosa per dislivello, pendenza, condizioni del terreno e con tratti che davvero possono mettere in seria difficoltà l’escursionista occasionale ed inesperto; il premio di tutto ciò però è un panorama prepotentemente maestoso, selvaggio, mozzafiato, mai banale su un versante tanto affascinante quanto poco conosciuto del Gran Sasso.
Il tracciato gps può essere scaricato da qui.


















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